Che impat­to han­no i più recen­ti svi­lup­pi tec­no­lo­gi­ci sugli spa­zi del­la musi­ca dal vivo? In che modo l’al­go­rit­mo con­di­zio­na la nostra espe­rien­za e, addi­rit­tu­ra, il nostro gusto? I con­cer­ti sono anco­ra espe­rien­ze uni­che e irri­pro­du­ci­bi­li al tem­po dell’AI? Sono que­ste alcu­ne del­le doman­de che ani­ma­no il dibat­to sul­l’in­tel­li­gen­za arti­fi­cia­le in rap­por­to al music busi­ness. Tutti gli atto­ri del­la filie­ra musi­ca­le sono chia­ma­ti a que­sta sfi­da: riu­sci­re a gover­na­re, con fidu­cia e con­sa­pe­vo­lez­za, que­sto pro­ces­so socia­le e cul­tu­ra­le, oltre che tec­no­lo­gi­co. Obiettivo, tra gli altri, è ren­de­re l’e­spe­rien­za live anco­ra più com­ple­ta, acces­si­bi­le e per­so­na­liz­za­ta sen­za che que­sto con­di­zio­na­men­to le tol­ga quel­l’au­ra magi­ca, vita­le che l’ha sem­pre con­trad­di­stin­ta. Allora, sapre­mo appro­fit­ta­re del­le infi­ni­te nuo­ve pos­si­bi­li­tà man­te­nen­do­ci imper­fet­ta­men­te uma­ni, ovve­ro uni­ci e irri­pe­ti­bi­li?